Questa serie è stata realizzata ad hoc per una mostra personale.
La gallerista era entusiasta. Diceva che usciva prepotentemente da quello che era stato il percorso storico della galleria. Storica lo era, la galleria, con una sede in Corso Garibaldi a Milano davanti alla quale passavamo, noi studenti dello IED, quando andavamo a farci un bianchino passito da Moscatelli. Aveva anche un nome che mi aveva sempre affascinato, uguale al titolo di una famosa raccolta di racconti di Borges, quella che contiene La scrittura del dio, uno dei miei preferiti.
Si era poi spostata in una sede assai più decentrata dopo la morte del marito, che era un buon pittore e, come venni a sapere nei miei colloqui con la proprietaria, era anche “l’anima” della galleria stessa. Ebbi occasione di incontrare il pubblico abituale durante la mostra di un altro artista (la mia avrebbe dovuto aver luogo circa un mese e mezzo dopo), e mi trovai davanti una simpatica congrega di pensionati con la passione per l’arte. Conobbi il critico che assisteva la galleria, e scoprii che scriveva per riviste semisconosciute a diffusione limitatissima.
Alquanto scoraggiato, ne parlai con un mio amico che opera nel settore da lungo tempo e sa vita, morte e miracoli di chiunque. Questi, udito il nome della galleria, sorrise compassionevolmente. Mi chiese quanto sarebbero state grandi le opere – non meno di 2 mq. cadauna – e chi ne avrebbe pagato la realizzazione fisica (io). Ciò saputo, con poche, misurate parole espresse pare negativo.
Mancava meno di un mese alla mostra. Mi recai dalla gallerista e, con poche, misurate parole, diedi forfait, motivando la decisione con un impegno economico pesante, aggravato da prospettive di ritorno dell’investimento assai nebulose. La signora da un lato non fu in grado di dissipare le brume, dall’altro la prese molto male (sospetto che contasse sul mio investimento per il rilancio della sua galleria) e praticamente mi cacciò a male parole.
Circa un anno dopo venni a sapere che la storica galleria non esisteva più.